Il nome di Montefortino è conosciuto a livello internazionale in
tutto il mondo archeologico perché c’è un elmo, detto appunto «elmo
tipo Montefortino», che fu ritrovato in questo paesino durante
l’aratura di un appezzamento agricolo.
Uno degli elementi di maggior
prestigio nelle tombe maschili della necropoli di Montefortino di
Arcevia (AN) è costituito dagli elmi, in bronzo o in ferro, di un
particolare tipo che ha preso appunto il nome da questa località.
Si tratta di caschi a calotta conica, più o meno pronunciata, con
apice superiore solitamente tronco-conico, con tesa posteriore con
funzione di paranuca e con paraguance di varie forme. L’elmo “tipo
Montefortino”, nelle sue diverse non sostanziali varianti ,si origina
e si inferisce in una più vasta classe di apparati difensivi di
origine celtica e trova una larghissima diffusione nell’area nord e
centro-italica tra la metà del IV e almeno il II secolo a.C. in
ambiente gallico, etrusco ed italico in senso largamente inteso.
Noto in una certa letteratura con la denominazione, imprecisa e
ancor più fuorviante, di elmo a “berretto da fantino” (derivante dal
fraintendimento del paranuca visto come visiera), esso costituisce
uno strumento che coniuga massima funzionalità, semplicità di
produzione seriale (realizzazione per fusione su forma con eventuale
successiva rilavorazione) e possibilità di corredarlo con tipi
diversi di paraguance ed eventuali aggiunte decorative (cimieri,
code, ecc.).
Verosimilmente, anche per le doti tecnologiche sopra
accennate, esso è, nei secoli sopra detti, anche l’elmo
“d’ordinanza” delle fanterie romane, e da esso si origineranno e
svilupperanno, accentuando certe caratteristiche, come il paranuca,
quelli in ferro, in numerose varianti, propri degli eserciti romani
imperiali. Per quanto concerne il IV-III secolo a.C., sono
senz’altro da ipotizzare, almeno per certe aree, proprio per i
caratteri “seriali” sopra accennati, ben precisi centri di
fabbricazione, uno dei quali, per l’Italia Centrale, potrebbe ben
essere Arezzo, le cui potenzialità come centro bronzistico e
siderurgico per la produzione di armi e attrezzi si può rilevare
dalla cronaca di Tito Livio relativa ai contributi delle città
etrusche per la spedizione in Africa di Scipione.
testo a cura del Museo Archeologico di Arcevia (AN)
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